- 07 Dec, 2025 *
- 1 Il metodo dialettico e la critica dell’immediatezza in Hegel
- 2 Inizio della scienza della logica e natura dell’esserci
- 3 Il divenire e la sua negazione: mediazione tra essere e nulla verso l’esserci
- 4 Traduzione e concettualizzazione del lessico hegeliano: l’esserci, la qualità e la determinatezza.
- 5 L’interpretazione del pensiero hegeliano: difficoltà e concetti fondamentali
- [6 Uni…
- 07 Dec, 2025 *
- 1 Il metodo dialettico e la critica dell’immediatezza in Hegel
- 2 Inizio della scienza della logica e natura dell’esserci
- 3 Il divenire e la sua negazione: mediazione tra essere e nulla verso l’esserci
- 4 Traduzione e concettualizzazione del lessico hegeliano: l’esserci, la qualità e la determinatezza.
- 5 L’interpretazione del pensiero hegeliano: difficoltà e concetti fondamentali
- 6 Unità e negazione: la determinazione dell’esserci nel movimento dialettico
- 7 L’essenza determinata: differenza e qualità nell’esserci
- 8 La natura dialettica della determinatezza e la qualità come negativo apparente
- 9 La dialettica hegeliana: determinazione e sviluppo immanente
- 10 La negazione della differenza: struttura dell’interiorità e critica allo schema cartesiano
Un percorso attraverso la verità parziale, il movimento necessario delle determinazioni e il superamento dell’unilateralità.
Sommario Il testo affronta il metodo dialettico hegeliano, che inizia da una verità provvisoria e parziale (“Comincia da un provvisorio, comincia da una verità che è una verità parzialissima”). Questo metodo prescrive di seguire rigorosamente lo sviluppo interno dell’oggetto (“la sua creatività è costretta da un metodo rigoroso a seguire la cosa nel suo svilupparsi”), impedendo anticipazioni ingiustificate. Il nucleo è la critica dell’immediatezza e delle verità assolute o unilaterali. L’“esserci” (Dasein) non è una verità assoluta, ma un momento parziale e unilaterale (“il fatto che sia risultato l’essere non vuol dire che ci troviamo con una verità assoluta, di nuovo ci troviamo con una verità unilaterale”). La filosofia hegeliana si distingue dall’impostazione cartesiana della res cogitans e res extensa, proponendo invece una diversa concezione dell’unità. L’esperienza svolge un ruolo cruciale nel dimostrare la contraddittorietà delle affermazioni unilaterali: “ogni volta si scopre che l’esperienza che si fa secondo quell’affermazione è il contrario di quell’affermazione”. Il movimento dialettico conduce al risultato attraverso il “movimento interno delle determinazioni”, dove nulla è totalmente falso e dal falso può fiorire il vero (“quel virtuosismo… del seguire il falso perché nulla è totalmente falso… e quindi di seguirlo in modo che ad un certo punto da esso fiorisca il vero”). Un tema minore è l’analisi della determinatezza e della qualità. La qualità emerge come una “determinatezza, cioè un negativo che è immediatamente essente”. Questo concetto si rivela anch’esso unilaterale, poiché l’esserci è composto sia di essere che di nulla (“l’esserci è fatto non soltanto dell’essere, ma è fatto anche del nulla”). Si accenna quindi al passaggio a una “determinatezza quantitativa… indifferente”. Il metodo impone di prendere sul serio ogni risultato, senza preferenze soggettive (“il primo modo per considerare questo risultato è prenderlo sul serio, non dirci ci piace, non ci piace”), e di rimanere in un movimento perpetuo, poiché fermarsi su una determinazione significa diventare parziali (“nel momento in cui ci fermiamo siamo parziali o… unilaterali”).
Inizio della scienza della logica e natura dell’esserci
La trattazione dell’inizio logico e della sua immediatezza problematica.
Sommario
L’argomento concerne l’inizio della scienza della logica, il quale deve partire dal concetto più semplice e immediato, quello dell’essere puro. Questo essere iniziale è caratterizzato dall’assenza di determinatezza, poiché “la determinatezza implica una negazione”. Tuttavia, il percorso logico procede verso l’esserci (Dasein), che si presenta a sua volta come un nuovo inizio immediato, sebbene sia il risultato di una mediazione. L’esserci è definito come “essere con un non essere, cosicché questo non essere è accolto in unità semplice con l’essere”. In esso, “il non essere accolto nell’essere… costituisce la determinatezza come tale”. Questa determinatezza, divenuta “qualcosa di direttamente essente”, appare come un affatto semplice, un immediato, ovvero la qualità. Un tema minore è la riflessione del pensatore, che deve distinguersi dallo sviluppo oggettivo del concetto: “ciò che è posto è la determinatezza come tale… la determinatezza che ancora non vi apposta appartiene invece alla nostra riflessione”. La riflessione sa che l’essere nell’esserci è “una determinatezza unilaterale”, ma questo sapere “non dobbiamo quindi farlo intervenire nella trattazione dell’esserci”, poiché all’inizio il concetto “ha diritto di essere trattato nella sua immediatezza”. Un ulteriore tema minore accenna alla forma di conoscenza dell’immaginazione, che “constata l’essere delle cose e non vede le loro relazioni”, attenendosi così alle qualità nella loro separatezza. Il movimento complessivo mostra che l’unità a cui si ritorna, come l’esserci, “è un’unità non più semplice, ma che contiene questo percorso del negarsi e del negare la negazione”, sebbene si presenti nella “forma di un immediato”.
La dialettica dell’annullamento dei momenti e il superamento nel determinato.
Sommario
L’argomento analizza il concetto di divenire come risultato della relazione dialettica tra essere e nulla. Inizialmente presentati come “enti del tutto separati” (509) o “una differenza fra due cose assolute differenti tra loro” (62), essere e nulla perdono la loro autonomia per diventare “momenti differenti” (509) all’interno del divenire stesso. La loro separazione assoluta viene negata: “essi continuano ad essere differenti, ma non sono più separati, sono l’uno attaccato all’altro” (64). Il processo centrale è l’annullamento reciproco di questi momenti: “l’essere si annulla, il nulla si annulla” (114) e “nel divenire entrambi, diciamo, i momenti del divenire svaniscono” (91). Questo annullamento non è una semplice scomparsa, ma una mediazione che conduce a una nuova unità. La “verità del divenire è l’annullamento, esso riduce a nulla la differenza dei momenti” (190), producendo una “unità quieta di essere nulla” (98). Tuttavia, il divenire contiene in sé una contraddizione che ne determina il superamento: “il fatto che il divenire stesso, potremmo dire, corrode la base su cui esso sorge” (96) e “lo sviluppo del divenire sarà necessariamente il ribaltamento del divenire nel contrario del divenire” (84). Questo ribaltamento conduce all’emergere dell’esserci, presentato come un “nuovo inizio” (519). L’esserci è definito come “unità di opposti” (192), una categoria che nasce dalla risoluzione dell’incompatibilità interna al divenire, poiché “ciò che è implicito in lui, è di fatto una incompatibilità” (213). Viene menzionato il confronto storico-filosofico con Eraclito, per il quale il divenire era “la categoria fondamentale, una categoria eterna” (170), e con Nietzsche che “ha ripreso l’idea del divenire come categoria fondamentale, superiore all’essere” (171). Il metodo hegeliano viene descritto come un “virtuosismo” che consiste nel “seguire il falso perché nulla è totalmente falso… in modo che ad un certo punto da esso fiorisca il vero” (250).
Traduzione e concettualizzazione del lessico hegeliano: l’esserci, la qualità e la determinatezza.
Un esame delle sfide traduttive e dei significati tecnici nella filosofia di Hegel, con focus sui termini “Dasein”, “Qualität”, “Realität”, “Negation” e “Bestimmtheit”.
Sommario dell’argomento L’argomento centrale concerne la trasposizione e l’interpretazione di termini chiave della filosofia hegeliana dal tedesco all’italiano, con particolare attenzione al concetto di “esserci” (Dasein). Si discute la difficoltà di rendere “Dasein” con “presenza” o “esistenza”, poiché in Hegel “esistenza” ha “un significato particolare” nella logica dell’essere e il termine “presenza” è considerato “un termine meno maneggevole di esserci perché è un nome”. Viene precisato che, a differenza dell’uso heideggeriano, in Hegel l’“esserci” non è sinonimo di “esistenza umana”. Un secondo tema affronta la definizione hegeliana di “qualità” (Qualität), che ha un “significato molto preciso” e spesso è accompagnata dall’aggettivo “astratto”. La qualità si scinde in due momenti: la “realtà” (Realität), intesa come “attributo positivo, di qualità positiva”, e la “negazione”, vista come “qualità, ma che ha il valore di una mancanza e si determina in seguito come limite barriera”. La negazione, se presa come “mera mancanza equivarrebbe al nulla”. Il terzo tema principale è il concetto di “determinatezza” (Bestimmtheit), presentato come un “termine molto molto generico” che deriva da “termine, cioè da confine, cioè da limite, cioè da interruzione”. Viene distinta una “determinatezza essente” da una successiva “determinatezza quantitativa che vedremo è una determinatezza eh è un limite che non è un limite, è una determinatezza indifferente”. L’argomento accenna anche al metodo hegeliano di “seguire il falso perché nulla è totalmente falso” e al tipo di conoscenza che “si attiene alle qualità, cioè alle caratteristiche nella loro separatezza, nella loro alla loro non relatività, alle astrazioni”.
L’interpretazione del pensiero hegeliano: difficoltà e concetti fondamentali
Un esame delle sfide ermeneutiche e delle categorie centrali nella lettura della filosofia hegeliana, a partire dalle determinazioni dell’essere e del nulla.
Sommario
L’argomento verte sulle complessità inerenti alla comprensione e alla traduzione del lessico filosofico di Hegel, con particolare attenzione alla dialettica tra essere e nulla e alla loro sintesi nell’esserci determinato. La principale difficoltà risiede nel concepire l’esserci come “unità di opposti”, superando l’astrazione dalla loro opposizione. Questo compito è reso più arduo dall’abitudine hegeliana di “affrontare le parole per la loro etimologia”, il che può portare a un uso dei termini “diverso dall’uso comune”. Un ulteriore ostacolo è la “difficoltà della traduzione”, talvolta “insuperabile”, dove l’obiettivo primario è “non fargli dire il contrario”. L’analisi si concentra quindi sul movimento logico che dall’essere indeterminato, “vuoto” e equivalente al “puro nulla”, giunge all’esserci, in cui “questo essere è l’erede dell’essere e il determinato è l’erede del nulla”. Tale determinato è inteso come “affatto negativo, non solo rispetto a un altro, ma in lui”, rivelando la contraddizione che il pensiero comune accetta ogni volta che attribuisce l’essere a un oggetto particolare, dimenticando che “essa è una qualità e che quindi ha il momento del nulla”. L’argomento tocca anche il superamento dell’opposizione tra finito e infinito, dove l’infinito non è cattivo ma “l’infinito vero”, e la riconcettualizzazione hegeliana dell’interiorità in termini di “negazione seconda”, distinta dalla “negazione prima” che governa il rapporto tra qualcosa e il suo altro. Viene infine menzionato il confronto con Kant, di cui Hegel “segue Kant, però come dire lo rimette anche in ordine, insomma, ne supera l’opposizione interna”.
Unità e negazione: la determinazione dell’esserci nel movimento dialettico
Dall’immediatezza astratta alla quiete mediata: il processo attraverso cui l’essere e il nulla, come contrari, si risolvono in unità.
Sommario
L’argomento si concentra sul superamento dell’immediatezza astratta di “essere puro e il nulla puro” (fr. 726) e sul loro movimento verso una determinazione concreta. Si parte dall’opposizione astratta di questi due momenti, dove “l’essere pensato come l’indeterminato assoluto… è vuoto… e quindi il puro essere equivale al puro nulla” (fr. 33). Questa opposizione si scioglie nel divenire, dove “essere nulla sono in unità, ma sono contrari e un’unità di contrari si annulla” (fr. 187). Da questo annullamento, “la differenza va completamente perduta e col perdersi della differenza abbiamo evidentemente un’identità, un’unità… che contiene come nulli l’essere il nulla” (fr. 94). Il risultato è un passaggio “dall’inquietudine del divenire all’unità quieta di essere nulla” (fr. 98), un’unità che non è più semplice ma che “contiene questo percorso del negarsi e del negare la negazione” (fr. 336). Questa unità quieta costituisce l’esserci, definito come “unità di essere nulla” (fr. 141) e come fondamento della realtà, poiché “la verità ormai a fondamento, è l’unità del non essere con l’essere” (fr. 725). Il meccanismo fondamentale è quello per cui ogni momento, attraverso la riflessione (intesa come “rimbalzare… del ritornare” (fr. 313)), diventa “il contrario di se stesso” (fr. 246, 306), salvando il processo da un mero scetticismo, poiché “il contrario stesso è destinato ad essere il contrario di se stesso” (fr. 303). Questo movimento ha un effetto sulla determinatezza, che “è il momento del non essere” ma, in unità con l’essere, “perde la sua evidenza negativa” (fr. 290) e “si rovescia nel suo contrario” (fr. 729). Il processo è mediato, ma il suo risultato si presenta come un’immediatezza in cui “ci siamo dimenticati di tutto quello che c’era prima” (fr. 510). Vengono toccati temi minori come la natura della “qualità astratta” (fr. 689) e il rischio di fraintendimento del pensiero, poiché “l’importante è non fargli dire il contrario di quello che dice” (fr. 719).
Riferimenti minori * La riflessione come strumento esterno per la comprensione (fr. 670). * Il concetto di infinità come “ritornare in sé del finito” (fr. 326).
L’essenza determinata: differenza e qualità nell’esserci
Un’indagine sulla determinatezza immediata e sulla sua dialettica interna tra essere e nulla.
Sommario dell’argomento
L’argomento verte sulla natura dell’esserci e della sua determinatezza immediata. Si stabilisce che l’esserci, in quanto tale, contiene in sé sia l’essere che il nulla: “si capisce qual è l’una e l’altra determinazione dell’esserci, il nulla e l’essere” (293). Questa unità immediata costituisce il fondamento: “Dal suo fondamento risultano tutte le determinazioni ulteriori, ma il riferimento tra la determinatezza e l’essere è qui l’unità immediata di entrambi” (728). La determinatezza dell’esserci, tuttavia, deve essere differenziata: “nell’esserci come tale la determinazione va differenziata” (381). Questa differenziazione conduce al concetto di qualità, che viene posta come “differenziata, riflessa” (782). La qualità, però, poiché si differenzia dall’esserci, cade essa stessa “sotto il destino della differenza” (408) e deve essere posta “altrettanto nella determinazione del nulla” (781). L’esserci funge quindi da criterio per rivelare l’unilateralità della qualità intesa come pura immediatezza: “l’esserci in cui sono contenuti sia il nulla sia l’essere è esso stesso il criterio per l’unilateralità della qualità come determinatezza soltanto immediata o essente” (775). Viene esclusa sia la “complessità interna” che il “riferimento esterno” (741) nella considerazione di questa determinatezza immediata. Un tema minore riguarda il contrasto tra “determinazione e conformazione e… affezione” (560), dove l’affezione appartiene alla “sfera del non essere” e la determinazione alla “sfera dell’essere”, essendo entrambe necessarie per la comprensione (561). Un ulteriore accenno concerne la sfera sensibile, dove “le cose appaiono separate” (692), e la natura relativa delle apparenze, come i colori, che “appaiono in un contesto” (735, 737).
La natura dialettica della determinatezza e la qualità come negativo apparente
La determinatezza come nulla apparentemente positivo nell’ambito dell’esserci; la qualità astratta e il giudizio sintetico a priori.
Sommario L’argomento si sviluppa a partire dalla genesi dell’esserci, considerato come l’unità di essere e nulla. In questo contesto, la determinatezza viene definita come “il nulla nell’esserci” (547) o “un non essere che è connesso all’essere” (534). Tuttavia, poiché questa connessione si presenta inizialmente “sotto la stella dell’essere” (534), il suo carattere negativo viene occultato e la determinatezza “prende l’aspetto di un carattere positivo” (268). Questa apparizione positiva costituisce la qualità, descritta come “un affatto semplice, un immediato” (730) e spesso qualificata come astratta, poiché “astratto significa separato” (688). La qualità risulta quindi essere “nient’altro che un negativo visto come positivo” (776), un’affermazione che riecheggia la formula spinoziana “omnis determinatio est negatio” (539). Il pensiero comune tende a dimenticare questa radice negativa, considerando la realtà “come qualcosa di solo positivo da cui sarebbero esclusi il negare, la limitatezza e la mancanza” (805). Viene tematizzato il movimento dialettico del negativo, che “è il negativo di se stesso e quindi rimbalza, ritorna” (316) nel positivo. L’analisi coinvolge anche il concetto di “giudizio sintetico a priori” (453), dove “sintetico significa che le cose sono separate, sono lo stesso” (457) e che “vale esclusivamente per i fenomeni” (482), stabilendo un confronto e un superamento della filosofia kantiana, di cui si dice: “Hegel, se vogliamo, qui segue Kant, però come dire lo rimette anche in ordine” (485).
La dialettica hegeliana: determinazione e sviluppo immanente
Un metodo che procede per negazione e superamento, seguendo lo sviluppo interno dei concetti.
Sommario
L’argomento concerne un metodo di pensiero e di esposizione che rifiuta un punto di partenza assiomatico stabile, poiché “il sistema non è un sistema assiomatico, non inizia da principi che restano stabili”. Il nucleo è il movimento dialettico immanente, dove i concetti si rovesciano nel loro contrario: “i concetti si rovesciano”, “le cose sono il loro contrario”, e “lo sviluppo del divenire sarà necessariamente il… ribaltamento del divenire nel contrario del divenire”. Questo movimento è guidato dalla negazione: “l’effetto sempre del… dell’attuare la seconda negazione, la doppia negazione”. Il pensatore deve aderire a questo sviluppo interno, “impedendosi di intervenire con un sapere estraneo” e prendendo invece “il punto di vista” immanente del concetto in sviluppo. Una frase centrale, “omnis determinatio est negatio”, viene discussa: non è “né sciocca né banale”, ma significa che “per capire ciò che qualcosa è bisogna capire che cosa non è”, e che “le cose determinate sono finite, cioè non sono la verità”. L’essere determinato (l’esserci) contiene un’“incompatibilità interna”, e il suo sviluppo è “il racconto dell’evolversi di questa incompatibilità”. Il processo culmina in un ritorno che non è un semplice ritorno al punto di partenza, ma un ritorno mediato: “il ritorno all’essere necessariamente si porta indietro il processo per cui si è andati e si è ritornati”, restituendo “un essere immediato… come un processo”. Viene menzionata l’applicazione di questo principio all’etica e la difficoltà ermeneutica fondamentale: “l’importante è non fargli dire il contrario di quello che dice”.
La negazione della differenza: struttura dell’interiorità e critica allo schema cartesiano
Dalla qualità all’unità: il processo dialettico come fondamento della soggettività.
Sommario
L’argomento verte sul concetto di “negazione della negazione” come principio strutturante l’interiorità e la soggettività, in opposizione allo “schema cartesiano” che separa “una res extensa” da “una res cogitans”. Si parte dalla differenza immediata tra realtà e negazione, inizialmente percepite come “due cose completamente separate l’una dall’altra” o “cose totalmente distanti”. Questa differenza, però, è instabile e si nega: “il negarsi della differenza è la negazione della negazione”. Questo processo non è uno svuotamento, ma una “perdita dell’indipendenza” dei termini, il cui annullarsi reciproco conduce a un’unità. Tale unità, dove “la differenza va completamente perduta”, costituisce il nucleo della soggettività, poiché “l’annullarsi della differenza è per definizione soggettività” e “la soggettività, l’interiorità […] non è nient’altro che la differenza negata”. Viene quindi criticata la concezione comune che identifica la realtà con l’essere puro e la negazione con “il nulla astratto”, mentre invece “sono semplicemente due forme di esserci”. L’argomento accenna a temi minori come il rapporto con la filosofia kantiana (“la sintesi come dice Kant”), la nozione teologica di Dio come “realissimum”, e il ruolo di questo processo dialettico nello sviluppo (“Dalla sua negazione nasce lo sviluppo”).
Riferimenti minori (827), (484), (819), (97), (470), (417), (822), (815), (818), (424), (107), (25), (272), (786), (801), (434), (106), (472), (422), (301), (465), (273), (441), (310), (62), (94), (823), (468), (467), (412), (349), (227), (111), (517), (471), (433), (298), (297), (115), (92)
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