- 06 Dec, 2025 *
- 1 La quantità come negazione della qualità: un limite indifferente e autorisoltosi
- 2 La qualità e la quantità nella loro determinazione e transizione
- 3 La definizione hegeliana di quantità e numero: esteriorità, relazione e antinomie
- 4 L’argomento del testo: rapporto quantitativo, infinito e momenti della quantità
- 5 La quantità 5: unità dialettica di repulsione e attrazione
- [6 L’unità di…
- 06 Dec, 2025 *
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1 La quantità come negazione della qualità: un limite indifferente e autorisoltosi
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2 La qualità e la quantità nella loro determinazione e transizione
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3 La definizione hegeliana di quantità e numero: esteriorità, relazione e antinomie
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4 L’argomento del testo: rapporto quantitativo, infinito e momenti della quantità
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5 La quantità 5: unità dialettica di repulsione e attrazione
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6 L’unità dialettica della quantità e la risoluzione delle antinomie
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7 Modelli, realtà e dialettica: una discussione su Hegel, scienza e contraddizione
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8 La logica come scienza e la dialettica della quantità nella “Scienza della logica” di Hegel
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9 Quantità, grandezza continua e discreta: i momenti dialettici
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10 Distinzione semantica e uso filosofico del termine “momento”
La quantità come negazione della qualità: un limite indifferente e autorisoltosi
Dalla dialettica del limite alla misura: la determinatezza quantitativa come esteriorità e autorisuperamento.
La quantità è definita come “la determinatezza divenuta indifferente all’essere”, ossia un limite che non qualifica più l’essere a cui inerisce, essendo “altrettanto un non limite”. Questo carattere di indifferenza ed esteriorità costituisce la sua natura: “la determinatezza quantitativa è una determinatezza esterna, ma questa esteriorità non è un caso, è proprio la sua natura”. Il quantum, in particolare quello intensivo o ordinale (il grado, come “primo, secondo, terzo”), incarna questa determinatezza che “ha la sua determinatezza fuori di sé” e che, per questo, “va oltre sé, si supera”. Il suo limite è dunque dinamico e relazionale: “il quantum si supera” in un progresso infinito verso un altro quantum, poiché “è sempre un quanto rispetto a qualcos’altro”. Questo movimento dialettico, in cui “la negazione della differenza” non è un semplice ritorno all’immediatezza, conduce all’unità superiore della misura, dove qualità e quantità trovano una “unità assoluta”. La misura è infatti “l’idea di unità di qualità e quantità, vale a dire… il numero in cui è espressa la natura di una cosa”. Il sommario si sviluppa attorno a questi nuclei, menzionando anche i temi della continuità e della discrezione come momenti interni alla quantità (“la quantità ha bisogno di tutte e due”), e la relazione dialettica tra l’uno, la repulsione e la costituzione della grandezza.
La qualità e la quantità nella loro determinazione e transizione
Dalla determinatezza essente all’immediatezza uguale a se stessa: il percorso dialettico.
Sommario
L’argomento concerne la definizione e la relazione tra le categorie della qualità e della quantità, seguendo uno sviluppo dialettico. La qualità è definita come “la determinatezza prima immediata” e “determinatezza essente”, ossia una caratteristica legata immediatamente all’essere di un qualcosa, dove “la determinatezza qualitativa è un nulla, ma un nulla che coincide con una caratteristica positiva dell’esserci”. La quantità, invece, emerge come risultato di un processo. Essa “nasce dalla dialettica dell’uno, che è la forma reale dell’essere per sé” e si presenta inizialmente come “determinazione immediata e semplice, tanto che la si potrebbe scambiare per l’essere immediato”. Questo risultato è descritto come “l’essere per sé che si è ridotto alla forma dell’immediatezza uguale a se stessa”, dove “la dialettica in cui, insomma, si è persa alla fine la separatezza tra repulsione e attrazione, esse sono diventate un uno semplice, un’unità, un’immediatezza uguale a se stessa”. La sua forma immediata e più semplice è la continuità, intesa come “riferimento a sé uguale a se stesso, semplice, che non è interrotto da limite ed esclusione”, ma che è al contempo “unità degli uno essenti per sé, cioè è unità della repulsione”. Tuttavia, la quantità non è solo continuità, ma “unità di questi momenti di continuità e discrezione”. Viene quindi operata una distinzione interna: “dobbiamo distinguere quantità pura dal quantum”. La quantità pura è “l’essere per sé reale, ritornato dentro di sé, che non ha ancora una determinatezza in lui”, mentre il quantum è la quantità determinata, che “si presenta come semplice” ma “è determinato in maniera esterna”. Il discorso accenna a temi minori, come il principio degli indiscernibili (“affinché ci sia una pluralità occorre una differenza tosta, una differenza reale”) e la natura delle antinomie legate al concetto (“ogni antinomia ha la sua forma particolare e deve essere risolta in modo particolare”). L’intera trattazione si muove dall’immediatezza verso la determinazione, mostrando come “la quantità semplice li contiene, sono sue determinazioni”, per giungere infine a forme più complesse come il rapporto quantitativo, in cui “il quantum in forma qualitativa è il rapporto quantitativo”.
La definizione hegeliana di quantità e numero: esteriorità, relazione e antinomie
Una discussione seminariale sulla concettualizzazione hegeliana della quantità, del quantum e del numero, con particolare attenzione alla loro natura relazionale, alla distinzione tra quantum estensivo e intensivo e alle antinomie immanenti.
Il testo è costituito da un dialogo o una lezione che esamina la definizione hegeliana di quantità e numero a partire dalla Scienza della logica. L’argomento centrale è la natura della quantità come determinazione “indifferente”, staccata dall’essere qualitativo, e la sua articolazione in quantum estensivo (numero) e intensivo (grado). Si esplora come il numero sia una “determinatezza interna alla quantità, quindi eh può essere compreso soltanto come come a partire dalla quantità”, caratterizzato dall’esteriorità e dalla “numerosità, cioè dal numero di unità che esso somma”. Emerge la contraddizione per cui il quantum è “sempre un quanto rispetto a qualcos’altro” e questa relazione è “sempre una relazione imposta dall’esterno”. Viene analizzato il passaggio al quantum intensivo o ordinale, che “ha la sua determinatezza fuori di sé” e dà origine a un “progresso infinito”. Il discorso tocca temi minori come la critica alle definizioni circolari di quantità, la risoluzione dialettica della repulsione e dell’attrazione nell’unità della quantità (“la continuità è unità compatta connessa solo come unità del discreto”), e il carattere antinomico dei concetti (“il momento dell’antinomia è il momento del prodursi della differenza che è interna nella definizione di ogni concetto”). Il linguaggio è spesso tecnico e dialettico, con riferimenti a concetti come “essere per sé”, “repulsione”, e “misura”, quest’ultima definita come “l’idea di unità di qualità e quantità”. La discussione è intervallata da interazioni tra i partecipanti che segnalano difficoltà di comprensione o chiedono chiarimenti, come in “ho capito, credo di aver capito tutto quello che hai detto, però poi quando vado a leggere […] faccio fatica a seguire”.
L’argomento del testo: rapporto quantitativo, infinito e momenti della quantità
Un’analisi dialettica delle determinazioni quantitative, dal quantum al rapporto, fino all’infinito e alla sua unità con il finito.
Sommario dell’argomento
L’argomento verte sull’evoluzione dialettica del concetto di quantità, partendo dal quantum per giungere alle forme del rapporto quantitativo e alla problematica dell’infinito. Il quantum inizialmente è una grandezza determinata in modo semplice, ma “il quantum in forma qualitativa è il rapporto quantitativo”. In questo passaggio, i quanta perdono la loro indifferenza e “nel rapporto hanno valore non indipendemente dall’altro, ma soltanto in rapporto all’altro”. Si esaminano tre figure principali di questo rapporto: il rapporto diretto, il rapporto inverso e il rapporto potenziale. Nei primi due, “l’operazione della moltiplicazione della divisione da cui nasce il rapporto diretto e il rapporto inverso” trattano di “momenti qualitativi dei numeri”, pur restando in un’esteriorità dove “l’elemento quantitativo resta massiccio” e l’esponente è “un numero banale, è un numero finito”. Il rapporto potenziale rappresenta un salto qualitativo, poiché “Soltanto nel rapporto potenziale l’esponente ha una natura semplicemente qualitativa” e in esso “l’unitá formale di qualità e quantità diventa unità assoluta”. Parallelamente, si sviluppa la riflessione sull’infinito quantitativo. Si distingue un “infinito quantitativo vero”, che “altro non è semplicemente il non quantum” ma “è un altro quantum”, da un “infinito scadente quantitativo” identificato con il progresso infinito, in cui “il quantum cade nel progresso infinito” in un cercare mai compiuto. La vera unità dialettica emerge quando “l’infinito, in quanto è altro dal finito è esso stesso finito” e “il finito è il diventare infinito”, superando la visione della loro separazione e incompatibilità. L’analisi si fonda sulla coppia di momenti costitutivi della quantità: la continuità e la discrezione. “La quantità ha bisogno di tutte e due, continuità e discrezione”; essi non sono separati ma “la continuità è anche discrezione e quindi essa è proprio identica alla quantità”. Questa unità è possibile perché “non ci sia più repulsione e attrazione separati, ma che ci sia una repulsione già connessa con l’attrazione e questa è la discrezione” e “una attrazione già connessa con la repulsione e questa è la continuità”. L’argomento accenna anche a temi minori, come la critica alla fissazione su un solo momento della contraddizione, poiché “la soluzione di una contraddizione non consiste nel tornare al semplice”, e l’applicazione di questi concetti a campi come le qualità spirituali e vitali, il cui lato quantitativo “è elementare, non è essenziale”.
La quantità 5: unità dialettica di repulsione e attrazione
La risoluzione dell’essere per sé nella quantità come unità immediata.
Sommario
L’argomento definisce la categoria della quantità come il risultato della dialettica tra repulsione e attrazione, due momenti che, inizialmente separati, si rivelano inseparabili. “Questa loro non separatezza è la quantità” (355). La quantità emerge come unità semplice in cui i momenti opposti perdono la loro indipendenza originaria: “non si ripresenterà mai più repulsione e attrazione nella loro separazione” (582). Essa è caratterizzata da un’esteriorità interna, una contraddizione fondamentale tra continuità e discrezione. “La contraddizione fondamentale della quantità e lo sforzo della quantità sarà quello di esprimere questa sua esteriorità, questa sua esteriorità interna” (165). La continuità è definita come “l’uguaglianza a se stessa, dell’esteriorità reciproca” (374), il proseguirsi ininterrotto degli uno differenti, mentre la discrezione è “repulsione già connessa con l’attrazione” (408). Questi due aspetti non sono separati ma costituiscono un intero: “ognuno resta in unità con l’altro, cioè resta l’intero” (638). La quantità determinata si manifesta come grandezza, sia discreta che continua, dove ciascun momento, pur essendo differente, contiene in sé l’altro e non può uscire dall’unità complessiva. “La discrezione stessa è continua” (668) e “la continuità è anche discrezione e quindi essa è proprio identica alla quantità” (644). Viene accennato il rapporto tra questa dialettica logica e la sua applicazione o riscontro in altri ambiti, come la critica alla separazione di concetti in teorie scientifiche “se adesso due teorie sono in contraddizione l’una con l’altra… non è un’obiezione all’oggettività della scienza, perché gli oggetti stessi sono anche contraddittori” (537) e la transizione al quantum come quantità determinata.
L’unità dialettica della quantità e la risoluzione delle antinomie
La dialettica speculativa come superamento della separazione tra momenti opposti.
Sommario
L’argomento concerne la natura dialettica della quantità e la critica alla visione della differenza come separazione. La quantità è definita come l’unità concreta di due momenti opposti e interni: la continuità e la discrezione. “La quantità contiene i due momenti della continuità e della discrezione” (617) ed è completa solo come loro unità. “La quantità è unità concreta solo in quanto è l’unità di momenti differenti” (636). Identificare la differenza con la separazione è un errore fondamentale: “identificare differenza e separazione è un errore” (501). I differenti, siano cose o momenti, non sono realtà separate e incompatibili, ma “differenti connessi, cioè sono differenti che sono momenti” (354) di un intero. La dialettica consiste proprio nel differenziare e poi nel negare la differenza come separazione assoluta (“la dialettica consiste nel differenziare e poi nel negare la differenza” - 352), mostrando come gli opposti mutino l’uno nell’altro.
Questa prospettiva fornisce la chiave per la risoluzione delle contraddizioni e delle antinomie, come quelle kantiane sul mondo. Le antinomie sorgono dal “vedere la separazione dei differenti e nel non voler procedere a considerare questi differenti, anziché come cose, come momenti” (701). Ad esempio, l’antinomia tra continuo e discreto “non consiste in altro che nel tener separato il momento della continuità e il momento della discrezione” (407). La soluzione non è tornare a un’unità semplice, ma riconoscere che “gli opposti non sono incompatibili” (703) e che “è sempre possibile passare dalla differenza alla unità dei differenti” (500). Compito della filosofia e della scienza è “rilevare le contraddizioni e risolvere le contraddizioni” (536) mostrando, nei concetti concreti, “in che modo i differenti siano uniti” (496). Viene fatto cenno a temi minori, come il rapporto tra la dialettica hegeliana e la matematica, il ruolo della negazione e il confronto con la filosofia kantiana.
Modelli, realtà e dialettica: una discussione su Hegel, scienza e contraddizione
Un dialogo su modelli scientifici, la natura della realtà e il pensiero dialettico hegeliano.
Il sommario tratta di un dialogo che esplora la relazione tra modelli scientifici e la realtà, prendendo spunto dalla citazione di Lucio Russo su Archimede, il quale “ha usato due modelli diversi per i suoi studi di idraulica”: uno in cui “suppone che la superficie del mare sia una retta piatta orizzontale e un altro in cui suppone che invece sia sferica”. La discussione sottolinea che “sono due modelli diversi e ciascuno è stato efficace, è avuto successo nel fare certe previsioni” e che il problema sorge solo “se noi pretendiamo che quei modelli siano la realtà”. Questo esempio serve da introduzione a una riflessione più ampia sul pensiero di Hegel, contrapposto a una visione kantiana. Si discute come la filosofia hegeliana, a differenza di un approccio che vede le contraddizioni come insolubili, proponga di “capire che gli opposti non sono incompatibili”. Viene affrontato il tema della differenza e della separazione, con l’affermazione che “identificare differenza e separazione è un errore”. La conversazione tocca anche concetti logici fondamentali come la quantità, la continuità e la discrezione, notando che “la continuità è anche discrezione” e che “la grandezza discreta è questo uno fuori dall’altro come non continuo, come interrotto”. Emergono temi minori come il ruolo del tempo come dimensione in cui “le contraddizioni emergono in maniera più forte”, e l’osservazione sulla scienza, dove si afferma che “una scienza soltanto induttiva non è una scienza” e che “una scienza deve essere argomentativa”.
La logica come scienza e la dialettica della quantità nella “Scienza della logica” di Hegel
Una ricostruzione dai commenti di un seminario di lettura.
Il sommario tratta del progetto hegeliano di una logica scientifica, deduttiva e non meramente induttiva, e della sua analisi dialettica della categoria di quantità. L’argomento principale è il superamento della logica aristotelica, giudicata una “scienza empirica” che astrae le forme dal linguaggio, per giungere a una scienza che deduce le forme logiche “dalla natura del pensiero”. Il testo esamina specificamente la sezione sulla quantità nella Scienza della logica, seguendone lo sviluppo dialettico. Il concetto di quantità è analizzato come unità di continuità e discrezione: “la quantità è unità di continuità e discrezione”. Inizialmente, la quantità è presentata nella sua forma astratta e immediata come quantità continua. Tuttavia, la sua determinazione piena richiede di porre anche il momento della discrezione, poiché “essa va posta in entrambe perché sono sue determinazioni”. Questo processo rivela che “la continuità è anche discrezione e quindi essa è proprio identica alla quantità”. Un tema minore è l’emergere della qualità all’interno della sfera quantitativa, ad esempio nel “rapporto quantitativo” o nel “grado”, che “poiché è determinato dal suo esterno, è internamente ciò che è esternamente, allora va oltre sé, si supera”. Un altro tema è la critica di Hegel alle antinomie kantiane: “l’antinomia è un fenomeno legato al concetto” e “Esiste un’antinomia per ogni concetto”, ma la soluzione hegeliana è immanente e dialettica, poiché “negli oggetti c’è contraddizione” e “la scienza è questo, è rilevare le contraddizioni e risolvere le contraddizioni”. Il passaggio dalla quantità al quantum e alla misura è anticipato: “nella misura Hegel ricomprende i concetti elementari della fisica e della chimica”, mentre “nelle forme biologiche e ancora più nelle forme spirituali” il concetto di misura si eleva ulteriormente. La discussione è inframmezzata da riferimenti a difficoltà testuali, come le modifiche dell’editore Lasson, e da chiarimenti terminologici, come la distinzione tra i termini tedeschi per “momento” (der Moment e das Moment).
Quantità, grandezza continua e discreta: i momenti dialettici
Dalla quantità pura alla determinazione della grandezza: continuità e discrezione come momenti unitari.
Titolo: La determinazione dialettica della quantità: continuità e discrezione come momenti della grandezza
La quantità pura, il quantum e il loro rapporto interno attraverso i momenti della continuità e della discrezione.
Sommario
L’argomento si sviluppa a partire dalla distinzione tra “quantità pura” e “quantità determinata” o “quantum”. La “quantità pura” è inizialmente definita come un’“unità infinita che si continua dentro di sé”, un essere per sé reale privo di una determinatezza interna. Il passaggio cruciale avviene quando questa quantità astratta si determina, diventando “grandezza”. “Grandezza invece è già la quantità determinata”. Questa determinazione avviene attraverso i due momenti fondamentali e inseparabili della quantità: la “continuità” e la “discrezione”. “La quantità contiene i due momenti della continuità e della discrezione” ed è la loro unità concreta. Inizialmente, la “continuità” emerge come il momento primario, il risultato della dialettica dell’essere per sé che assume la forma dell’immediatezza: “la quantità immediata è grandezza continua”. Tuttavia, la continuità non è mai isolata: “nella continuità, dunque, la grandezza ha immediatamente il momento della discrezione”. La “grandezza continua” è descritta come un “essere uno fuori dall’altro che si prosegue senza negazione come una connessione uguale dentro se stessa”, mentre la “grandezza discreta” è “questo uno fuori dall’altro come non continuo, come interrotto”. Il nucleo della trattazione mostra come questi due aspetti siano coessenziali e si implichino reciprocamente: “la discrezione è momento della quantità, ma è anche la quantità intera” e “la grandezza discreta è quantità, la sua discrezione stessa è continua”. La loro separazione è considerata un’illusione o un’antinomia da superare: “l’antinomia non consiste in altro che nel tener separato il momento della continuità e il momento della discrezione”. La soluzione risiede nel considerarli “momenti” di un’unità superiore. Viene fatto cenno a temi minori, come il ruolo della “repulsione” e dell’“attrazione” ripresi nella sfera quantitativa, la critica a definizioni circolari della quantità, e l’applicazione del concetto in esempi pratici come la somma di oggetti omogenei: “non si possono sommare mele e pere” perché “noi possiamo sommare soltanto mele, mele, pere pere, ossia che hanno la stessa unità”. L’intero percorso logico mira a mostrare come la quantità, determinandosi, resti se stessa: “considerando la quantità, la continuità non è separata dalla discrezione, ma allora la continuità non è solo momento, ma è tutta la quantità, perché è unità di continuità e discrezione, esattamente come la quantità”.
Distinzione semantica e uso filosofico del termine “momento”
L’analisi linguistica e concettuale del termine “momento” nel pensiero hegeliano e nelle sue implicazioni scientifiche.
Sommario
L’argomento verte sulla distinzione fondamentale tra due accezioni del termine “momento”. Da un lato, “the moment significa l’attimo, l’istante, il momento in senso temporale” (686), derivante spesso dal francese. Dall’altro, “das moment invece significa l’elemento di un complesso” (687), inteso come “parte generica” (726) di un tutto e concetto chiave in Hegel, che lo avrebbe adottato “direttamente dal latino” (724). Questa differenza è resa esplicita in tedesco dalla distinzione di genere (der Moment maschile, temporale; das Moment neutro, concettuale), mentre in italiano l’ambiguità persiste, creando un problema specialmente nel dialogo tra filosofia e scienza, poiché “momento come parte è rimasto essenzialmente nella fisica, nella meccanica” (727). L’uso hegeliano privilegia il significato astratto di elemento costitutivo, dove “momento è da prendere come elemento di un tutto” (690) e non in senso temporale, anche se si riconosce una possibile “sfumatura di significato, nel senso di movimento” (710). Il termine è centrale per comprendere categorie logiche come la quantità, che sviluppa i suoi “momenti di continuità e discreto” (473), descritti come “differenti” ma “non separati”, bensì nel loro “mutare reciproco” (471). Viene infine accennato un tentativo di connettere questa dialettica concettuale a problemi scientifici concreti, come “il dilemma tra onda e particella” (511), suggerendo una sovrapposizione con la differenza tra “il discreto e il continuo” (528).
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