- 07 Dec, 2025 *
- 1 Il concetto hegeliano: universalità, particolarità, singolarità e la critica alle astrazioni dell’intelletto
- 2 L’unità di finito e infinito nel progresso
- 3 Sviluppo dialettico del concetto e idea nell’infinità affermativa
- 4 La critica hegeliana alla finitezza e la definizione dell’infinito vero
- 5 La transizione dalla differenza qualitativa all’unità dei momenti
- [6 La critica all’intelletto e la fa…
- 07 Dec, 2025 *
- 1 Il concetto hegeliano: universalità, particolarità, singolarità e la critica alle astrazioni dell’intelletto
- 2 L’unità di finito e infinito nel progresso
- 3 Sviluppo dialettico del concetto e idea nell’infinità affermativa
- 4 La critica hegeliana alla finitezza e la definizione dell’infinito vero
- 5 La transizione dalla differenza qualitativa all’unità dei momenti
- 6 La critica all’intelletto e la falsa unità di finito e infinito
- 7 Dinamica del finito e dell’infinito nel pensiero hegeliano
- 8 L’infinità vera e l’infinito scadente: una delimitazione concettuale
- 9 Il ritorno come risultato: inizio, mediazione e concetto nel rapporto finito-infinito
- 10 Realtà, idealità e negazione: opposizioni concettuali nell’esserci
Il concetto hegeliano: universalità, particolarità, singolarità e la critica alle astrazioni dell’intelletto
Definizione dell’argomento a partire dalle categorie logiche di genere e specie, attraverso l’analisi della relazione tra finito e infinito, fino alla struttura del concetto e alla critica del pensiero astratto.
Sommario dell’argomento
L’argomento definisce la struttura del concetto hegeliano, articolato nei tre momenti di “universalità, particolarità e la singolarità”, dove “il rapporto genere specie è l’unità di questo rapporto che è la singolarità”. Il concetto è inteso come “la capacità di differenziarsi e lo specificarsi, cioè il generare la specie, ma il restare unito a sé, identico nella specie”. Questo si illustra con l’esempio del genere ‘felino’ e della specie ‘gatto’: “il felino può essere un gatto, un gatto è totalmente felino”, mostrando qualcosa “che differenziandosi resta intero, resta uguale a se stesso”. Viene contrapposto alla logica aristotelica delle categorie, “in cui, diciamo, si scopre… che i nomi comuni hanno la relazione di genere e specie”, e all’impostazione insiemistica, chiedendosi in cosa il concetto esposto “è diverso da eh l’insiemistica”, dove “l’universalità, però chiaramente è un’universalità che poi ha le sue specificazioni, cioè i suoi sottoinsiemi”.
Un’applicazione centrale di questa logica del concetto è l’analisi della relazione tra finito e infinito. Si critica la modalità dell’intelletto astratto che “tiene finito e infinito separati”, fissando “il loro riferimento reciproco come diversità qualitativa, affermandoli nella loro determinazione come separati, anzi assolutamente separati”. Questo approccio, tipico del “pensiero comune”, tende a identificare la differenza come un rapporto “quando qualcosa e altro sono del tutto staccati, separati e pensati come indipendenti”. Presi in questo modo, “senza riferimento”, finito e infinito “stanno in piedi come indipendenti l’uno rispetto all’altro e ognuno è solo in lui stesso”. Contro questa visione, si afferma che “l’infinito e il finito secondo del loro riferimento reciproco… contengono il loro altro nella propria determinazione”. La vera unità non è un “esterno accostarli, né un collegamento improprio”, ma è immanente. Tuttavia, quando sono “presi nella loro immediatezza qualitativa”, come nel “progresso infinito” dove “infinito è solo l’andare oltre il finito”, “allora scompare, l’unità si nasconde”. Il compito è dunque superare questa separatezza, mostrando che “entrambi i modi di considerare danno lo stesso risultato” e che il loro “duplice abolire” è solo “un esterno a cadere, nel senso che noi ce ne potremmo stare nel finito, poi però ci ricordiamo che il finito è nulla in sé”. L’analisi si colloca in un’“immanenza pura” che permette di “addentrarci nelle varie nei vari modi, appunto, di differenziarsi del concetto, di autoprodursi, di auto differenziarsi”.
Riferimenti minori * Viene fatto un accenno al giudizio come “separarsi del concetto”, dove “soggetto e predicato sono uniti dall’è, ma da un è soltanto astratto”. * Si menziona una possibile incomprensione dell’opposizione, per cui “il finito vale come reale, l’infinito come ideale e anche più in là il concetto viene considerato come un ideale”. * Si nota la precisione terminologica richiesta, poiché “qui è tutto talmente articolato, preciso e anche una sola paroletta può cambiare le cose”.
L’unità di finito e infinito nel progresso
Il superamento dell’espressione impropria e il recupero dell’unità nel processo.
Sommario
L’argomento verte sul “progresso infinito” come “realizzazione esterna del concetto”, inteso come “determinare scambievole che va di qua e di là”. Questo processo non è un semplice progredire lineare, ma include “anche il ritornare”, configurandosi come un’unità dinamica. La “verità di finito e infinito è in sé già presente in questo loro determinare scambievole” e il lavoro concettuale consiste nel “registrare ciò che è presente”. La formula statica di “unità di finito e infinito” è un’“espressione impropria”; l’unità vera è “un’unità di divenire, non è un’unità statica fissa”. In essa, finito e infinito non sono entità separate o ipostatizzate, ma “soltanto momenti” che emergono “mediante l’abolire il loro opposto”. Viene criticata una visione che, arrivando solo a una sintesi dove “i differenti restano differenti”, non riesce a cogliere questa circolarità. L’infinito vero si costituisce nel processo in cui “si riduce a essere solo una delle sue determinazioni, cioè l’infinito scadente contro il finito” per poi superarla. In questo contesto, l’ideale è “il finito, qual è nell’infinito vero, come una determinazione, un contenuto che è differenziato, ma è soltanto come momento, non è essente indipendente”.
Sviluppo dialettico del concetto e idea nell’infinità affermativa
La relazione tra concetto, idea e infinità affermativa attraverso la critica del progresso infinito e la struttura della causalità.
Sommario
L’argomento tratta del passaggio dialettico dalla sostanza al concetto, inteso come “essere causa di se stessi”, ovvero come differenziarsi che resta in sé. Si articola attraverso le categorie della relazione – “sostanza, causalità e azione reciproca” – dove “la sostanza si differenzia nella causalità, cioè nel raddoppiamento delle sostanze che sono in relazione tra loro”. In questo contesto, “la causalità dà origine a una a un progresso infinito di causa e di cause ed effetti”, un fenomeno necessario ma superabile. Il superamento avviene nell’“infinità affermativa”, dove si osserva che “l’effetto è effetto della causa, ma è a sua volta causa dell’effetto e quindi è causa di se stesso”. Il progresso infinito, in cui “finito e infinito vengono presi come enti indipendenti”, viene superato quando essi sono riconosciuti non come enti qualitativi immediati ma come “momenti”. Il risultato è “l’infinito vero”, che “viene dalla dall’abolirsi del suo opposto, dall’abolirsi del finito”, essendo “negazione seconda”. Un tema minore è il confronto con Spinoza, di cui si riprende “l’idea di causa sui” e “l’unicità della sostanza, perché altrimenti c’è una sostanza che limiterebbe la vera sostanza infinita”, sebbene se ne critichi la staticità poiché “i modi nella sostanza spinoziana sono eh passivi”. L’argomento procede poi verso la definizione di concetto e idea. Il concetto possiede una “componente negativa” e la sua “realtà” si chiama “oggettività”, in cui esso “entra, supera questa sua interiorità”. L’idea è definita come “la corrispondenza tra l’interiorità del concetto e l’esteriorità dell’oggettività”, ovvero “il connettersi dell’interno concettuale con l’esterno oggettivo”, ed è “la verità”. Questo movimento è inizialmente “ancora soltanto interno” e culmina nell’“idea assoluta”, che “non è nient’altro che il metodo”, un metodo per cui “le cose sono il contrario di se stesse”. Un ulteriore tema minore è la critica allo scetticismo, che “è l’idea che non ci sia nessuna verità” e che, “rigettando la metafisica rigetta anche il problema della verità”. La difficoltà nel riconoscere la struttura dialettica è infine sintetizzata nel “problema dell’idea di momento”, il cui “mancato riconoscimento porta brutti scherzi”.
La critica hegeliana alla finitezza e la definizione dell’infinito vero
Un’indagine sulla struttura logica della realtà e il superamento della separazione tra finito e infinito nella Scienza della logica.
Sommario
L’argomento verte sulla critica di Hegel alle concezioni limitate del pensiero, in particolare al “positivismo” che “identifica il finito con il razionale” (117) e alle filosofie che pongono un bene soggettivo sopra il vero (115). Contro queste visioni, Hegel propone una logica immanente dove “la realtà in senso compiuto, in senso effettivo, è sempre questa doppia negazione” (67). Il nucleo è la ridefinizione dell’infinito: non come un “assoluto che sta fuori dalla nostra misera finitezza” (373) o “soprasensibile” (378), ma come “infinito vero” risultante dal movimento dialettico. Questo “infinito vero è la realtà in un senso superiore alla precedente realtà” (724), raggiunto attraverso la “negazione della negazione” (754). Il pensiero comune, invece, “tende a identificare la differenza” tra “qualcosa e altro” come entità separate (288), finendo per avere “due finiti” (242) e non l’infinito vero. Il metodo scientifico ordinario, pur essendo “pensiero critico” (119), si fonda su “presupposti” e “assi” non spiegati (171, 172), mostrando la “finitezza della scienza” (174). Hegel intende superare questa finitezza seguendo “il fluido trapassare di una essenzialità pura nelle altre” (715), in un processo che dalla logica soggettiva porta all’idea assoluta, che “non è nient’altro che il metodo” (151). Il percorso logico, che “mostra l’applicazione di questa terminologia alla scienza” (184), culmina in una realtà superiore che è “l’affermatività dell’infinito vero” (754).
La transizione dalla differenza qualitativa all’unità dei momenti
Dall’opposizione fissa alla relazione concettuale dinamica.
Sommario L’argomento tratta della critica a una concezione della differenza come “differenza soltanto qualitativa, differenza che corre soltanto tra esseri che sono indipendenti l’uno dall’altro”. Secondo questa visione, “se c’è la differenza non ci può essere l’unità”. Il nucleo del discorso è il superamento di questa prospettiva attraverso un “passaggio dalla differenza qualitativa alla differenza tra semplici momenti e all’abolizione della differenza”. Quando due determinazioni opposte (come finito e infinito) sono riconosciute in un’unità, esse “perdono dunque la loro natura qualitativa” e non sono più “enti qualitative indipendenti” ma vengono poste “anzitutto come negate”, diventando “semplicemente come momenti”. Questo passaggio trasforma la differenza da qualitativa a relazionale: “La differenza, semplicemente da differenza qualitativa regredisce a differenza tra momenti”. Un esempio fornito è quello di destra e sinistra, presentati come “una differenza di puri momenti”, poiché “lo stesso luogo può essere a destra di un luogo e a sinistra di un altro luogo”. Il movimento concettuale vero non è quindi l’elaborazione di “entità positive” ma di “entità negative”, dove “l’abolirsi di finito infinito” è un processo dinamico. Ciò viene paragonato alla logica del divenire, dove “essere e nulla… non sono più indipendenti perché sono in unità”. Il “progresso infinito” è inizialmente visto in modo erroneo come una sequenza di “negazioni prime”, mentre in realtà, nel suo intimo, “quelle negazioni prime sono negazioni seconde”. Il problema dell’intelletto è proprio quello di “trasformare la relatività dei momenti in una diversità qualitativa, cioè in una separazione, in un’assoluta separazione”. La soluzione concettuale risiede nel fatto che “ciò che è differente è anche in unità”, e che “il rimanere in unità di ciò che è differente fa di questo differente un momento”. L’infinito vero è dunque inteso come un divenire determinato, “essenzialmente solo come divenire, ma divenire ora determinato ulteriormente nei suoi momenti”, in cui finito e infinito sono “essi stessi in divenire”. La comprensione finale è che “c’è bisogno solo della comparazione di questi momenti nella quale emerge l’unità che dà il concetto stesso”.
La critica all’intelletto e la falsa unità di finito e infinito
Una polemica contro il rappresentare e la sua fissazione delle determinazioni separate.
Sommario L’argomento verte sulla critica all’intelletto, o “rappresentare”, identificato come la facoltà che fissa e separa. Il suo problema specifico è l’incapacità di concepire correttamente l’unità di finito e infinito, vedendoli come “dotati di un esserci indipendente, di un esserci qualitativo”. L’intelletto, infatti, “o vede l’unità o vede la differenza” e “nell’unità di finito e infinito non vuole smettere di fissarli nella qualità che essi devono avere presi separatamente”. In questa falsa unità, esso “non vede altro che la contraddizione, non ha anche il suo scioglimento”. Da questa separazione qualitativa “si genera il progresso all’infinito”. La verità, invece, risiede nel comprendere finito e infinito come momenti, “risultati di una mediazione”, la cui affermatività “viene dalla mediazione, cioè dalla negazione della negazione”. Essi “sono la stessa e sono la stessaità perché tutte e due aboliscono se stessi”. L’argomento accenna a temi minori: il confronto con Spinoza, la cui sostanza è “il baratro in cui la determinatezza semplicemente viene sprofondata”; la svalutazione storica di Hegel; e la critica al positivismo, che “vede il problema della verità come una questione metafisica e quindi la rigetta”.
Dinamica del finito e dell’infinito nel pensiero hegeliano
Una discussione sul rapporto dialettico tra finito e infinito, con riferimenti critici a Spinoza e alla trascendenza.
Sommario
L’argomento tratta della relazione dialettica tra finito e infinito, criticando la concezione tradizionale dell’infinito come trascendente, “pensare a l’infinito inteso come Dio, come assoluto”. Viene presentata una dinamica per cui ciascun termine si determina attraverso la negazione dell’altro: “il finito si abolisce eh nell’infinito e l’infinito è il negare la finità”. Questo “abolire” non è un’alterazione o un diventare semplicemente altro, “non è l’alterazione o l’essere altro in generale, non è l’abolire qualcosa”, ma il mezzo attraverso cui ciascuno ritorna a sé. Il “cattivo infinito” è descritto come un progresso senza fine, “una linea retta che tende appunto tanto”, dove “Nell’infinito, nell’al di là del limite, sorge solo un nuovo limite”. La discussione si collega esplicitamente alla filosofia di Spinoza, vista come esempio di immanenza radicale dove “cade qualsiasi trascendenza” e tutto è “effettuale”, contrapposta a residui di trascendenza in Kant. Emerge il tema della “Wirklichkeit” (effettualità) come “immanenza della realtà” che non rinvia a un al di là. Viene infine accennata una domanda sulla relazione tra concetto e idea.
L’infinità vera e l’infinito scadente: una delimitazione concettuale
Un’indagine sulla natura dell’infinito, sulla sua distinzione tra forma “scadente” e “vera”, e sulla sua relazione dialettica con il finito.
Il sommario tratta la distinzione fondamentale tra “infinità vera” e “infinito scadente”. L’infinito scadente è definito come un “al di là vuoto”, “il non vero, infinito scadente, l’infinito che sta nell’alto”, un negativo astratto e irraggiungibile che, in unità con il finito, viene “guastato, viene reso finito”. Al contrario, l’infinità vera è “la realtà in un senso superiore” ed “ha un esserci, ha un’attualità”; essa è “la negazione della negazione” in cui “la finitezza in quanto è contenuta nell’infinità vera, è determinata come ideale”. Il nucleo dell’argomento è la relazione dialettica tra finito e infinito: “il finito è solo come ciò oltre cui occorre andare, il negarsi in lui stesso che è l’infinità” e “il suo negarsi è l’infinità”. La finità non è abolita da una potenza esterna, ma “è ma abolirsi è la sua infinità”. In questo processo, “il finito si nega in questo infinito, questo infinito si nega in un altro finito”, ma il risultato è “l’abolirsi della finitezza e l’infinità vera”. La negazione, in questo contesto, viene determinata come idealità. Viene altresì accennato il tema del progresso infinito inteso come “perfettibilità eterna” e il rischio di retrocedere “all’unilateralità del negativo astratto propria dell’infinito scadente”.
La dialettica del finito e dell’infinito come processo circolare di mediazione e superamento.
Sommario
L’argomento tratta del rapporto dialettico tra finito e infinito, analizzato non come determinazioni qualitative fisse e separate all’inizio del discorso, bensì come momenti di un processo. Il punto di partenza è una “determinazione immediata” e qualitativa, dove i due termini sono visti come indipendenti e in “differenza qualitativa”. Tuttavia, questa immediatezza si rivela insufficiente e contraddittoria, poiché pensare l’uno implica già l’altro: “quando penso l’uno penso anche l’altro perché nell’uno è contenuto l’altro”. La contraddizione si scioglie solo quando “ciò che è indipendente viene considerato momento dell’unità”. Il movimento fondamentale è quello del “ritorno”, che non è un semplice regresso all’immediatezza iniziale, ma il risultato di una mediazione. Si parte da un termine (finito o infinito), si passa al suo opposto, e si ritorna al primo: “io parto dal finito immediato, passo all’infinito e dall’infinito ritorno al finito” oppure “parto dall’infinito, passo al finito e ritorno all’infinito”. Questo “moto che chiude se stesso completo che è giunto a ciò che ha dato inizio” produce un risultato in cui i termini non sono più quelli di partenza: “il finito non è il finito che era all’inizio e l’infinito non è l’infinito che era all’inizio”. Sono ora “risultato” e “momenti del progresso”. L’infinito vero non è il punto di partenza, ma l’esito: “l’infinito vero può essere soltanto come il risultato”. In questo processo, la negazione gioca un ruolo chiave: “negazione significa oltrepasso”, e “nego la negazione significa… faccio il contrario dell’andare oltre e quindi ritorno”. Un tema minore è la critica all’intelletto che, fissando la separazione qualitativa, “dimentica quello che per lui stesso è il concetto di questi momenti”. Un altro tema è l’introduzione del “concetto”, presentato come la novità che emerge da questa dinamica: “questa è la prima volta che incontriamo il concetto… dall’inizio”. L’argomento fa anche riferimento a figure come Hegel e Kant (“Questo accade in FTE, accade in Kant”), e discute nozioni come il “sovrasensibile”, definito come “non sensibile” e come una “fuga vana” dalla quale si deve fare ritorno.
Realtà, idealità e negazione: opposizioni concettuali nell’esserci
Una delimitazione della dialettica tra finito e infinito, reale e ideale, attraverso l’analisi del loro esserci e della negazione.
Il testo esamina l’opposizione tra finito e infinito, dove “il finito vale come reale, l’infinito come ideale”. Discute l’uso specifico e talvolta equivoco dei termini “realtà” e “idealità”, notando che “realtà ha due sensi” e che l’uso comune di “ideale” è “praticamente il contrario” di quello qui impiegato. L’idealità è definita come un “esserci negato” o un momento, contrapposta al rischio di intenderla come “soltanto soggettivo”. Il nucleo dell’argomento è la relazione dialettica, dove “l’infinito non è un esserci dalla propria parte”, ma è concepito come un esserci che supera la determinatezza. Ciò si collega al movimento della negazione: la “negazione della negazione” che “contiene la negazione prima e l’affermazione”. Viene criticata la tendenza a trattare “le categorie più astratte come essere, esserci, realtà, finità” come le più familiari, ripetendole in contesti più concreti. Un tema minore è la resistenza dell’intelletto, che “recalcitra contro l’unità di finito e infinito” perché li prende come dotati di “un esserci indipendente, di un esserci qualitativo”. L’analisi prepara il passaggio concettuale “dall’esserci all’essere per sé”.
8C25D792558AE2D01BC85E630CA9D24F7007B99263B90C91E2C2D58E7696144CB6D704AE09BACC2DEAE4BB6F4C2EDC6A48579EC8D4A84AACF46BF0D20E7256F65167653C1727B4D38D55DD45C55C0057F10E5C72D102500CBF2C2C05304587C381DCA655A00DC4156FB2129189AF5861783202377A94F20BE64F7C1A026B85B34B5C669B384686E114523F58B40A0E74DD57A3F23BDC66619B4B3070B377D21D9BA4579FB0D60F5527CB56CA67CD4842AEABAFFFE553DF0CFE877FE846981CF4C7D65AA8969CF452FC5A695E704704CB9F8077095E1F78B79DDAD8DF47072E8A4A5CD3C96C9700015D9D824A91E81304FC26E0E42785B04AA0BC29A6CE62DB82B60133640047A67DB1D5FA5E56CAF76E68CC5611B319EDB2E6C4B500F60058425857EBCC9539B2F96009D5ABDAC56031EE2F9F131BDBDCA2D062E176E40152C800FFC72B53B79BE1F8C8EE7359F89E0CF08FDE5C0068270652F5F3891FB08D359F084D1B6A0327371F3B0B6DE78C8A9B